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lunedì 8 marzo 2010

OGM, DOPPIO GIOCO A BRUXELLES


OGM, DOPPIO GIOCO A BRUXELLES

08 marzo 2010


Analisi
Da un lato la Commissione europea rilancia sui diritti degli Stati, dall'altra impone in modo assolutamente poco trasparente la revisione dell'iter autorizzativo in materia biotech. Una strategia contraddittoria e per nulla casuale


In questi giorni si discute della varietà Ogm Amflora, la patata della Basf geneticamente modificata per produrre grandi quantità di amido, approvata per la coltivazione dal commissario europeo.
La notizia ha creato scalpore perché dal 1998 non erano state più concesse autorizzazioni e, fatta eccezione per il mais Mon810 della Monsanto, vigeva di fatto una moratoria. Chi dice che la Commissione abbia voluto segnare una svolta ha ragione. Nonostante qualche settimana fa abbia lanciato la proposta di rafforzare l'autodeterminazione degli Stati (riconoscendo loro il diritto di proclamare i territori Ogm free), contemporaneamente ha consegnato al Wto, senza previa discussione in Parlamento e senza sottoporre la proposta al giudizio del pubblico e delle autorità competenti nazionali, la bozza di un Regolamento che dovrebbe entrare in vigore a giugno con l'obiettivo di semplificare le procedure autorizzative per gli Ogm.
Solo qualche giorno fa è trapelata la notizia, grazie alla contestazione di un gruppo di scienziati preoccupati per le conseguenze che il Regolamento potrebbe avere sulla salute e l'ambiente e per l'atto antidemocratico realizzato dall'organo esecutivo europeo. La proposta della Commissione è quella di adottare le linee guida dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), considerate anche a Bruxelles "superficiali" e insufficienti per garantire il rispetto del principio di precauzione.
Un comportamento schizofrenico da parte degli euroburocrati? Purtroppo la strategia della Commissione europea appare tutt'altro che casuale e contraddittoria. Da una parte, infatti, promette un'applicazione più stringente dei principi democratici (rispettando la politica agricola dei singoli Stati), dall'altra impone in modo assolutamente poco trasparente la revisione dell'iter autorizzativo in materia di Ogm e approva, nonostante il parere negativo di varie autorità scientifiche, una patata biotech molto discussa per la presenza di geni resistenti a due antibiotici.
La Basf ha realizzato in laboratorio la sua patata nel 1996 e ha presentato per la prima volta la richiesta di autorizzazione nel 1998. E' passato insomma più di un decennio, durante il quale l'azienda avrebbe potuto tranquillamente eliminare i marcatori in questione. Non l'ha fatto e ha ottenuto comunque l'autorizzazione per il suo prodotto, oggi assolutamente obsoleto (essendo disponibili sul mercato varietà convenzionali con le stesse caratteristiche di Amflora, ma senza la resistenza agli antibiotici).
Con l'aumento esponenziale delle varietà biotech presenti sul mercato (e nel campo!), si verrebbe a determinare una situazione complessa (per la separazione delle filiere, le contaminazioni genetiche, l'approvvigionamento di materia prima agricola convenzionale e biologica), che a lungo termine può portare ad una riduzione della tutela dell'ambiente e della sicurezza alimentare.
L'Ifoam, organizzazione mondiale del biologico, ha espresso preoccupazione perché l'introduzione di una sola varietà Ogm (la patata Amflora) comporterà un aggravio dei costi per la filiera del biologico e per i prodotti di qualità.
Come non allarmarsi quando Willy De Greef, segretario generale di EuropaBio, fa notare che, dopo il via alla patata della Basf, sono pronti per l'autorizzazione già altri 17 Ogm per la coltivazione e 44 per il consumo.
C'è in programma, quindi, da parte delle multinazionali biotech e con l'avvallo della Commissione e dell'Efsa, una vera invasione di Ogm. La risposta può e deve essere politica. Questo caso ci dimostra che non è più possibile procrastinare una modifica delle regole europee, relativamente alle autorizzazioni. Devono essere il Parlamento e gli Stati a rappresentare gli interessi dei cittadini. La Commissione ha dimostrato di non essere in grado di farlo.
Un'azione concreta è già partita dall'Austria che vuole bandire la coltivazione di Amflora. Ci auguriamo che anche l'Italia assuma delle decisioni in questo senso.

Simona Capogna, Vicepresidente Verdi ambiente e società (Vas)

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